Conflitto e Mediazione

Quando si parla di conflitto pensiamo immediatamente ad un litigio che vede coinvolte due parti. In realtà esistono diversi livelli di conflitto: Intrapsichico, interpersonale, Intragruppo, intergruppi (Myers &Twenge, 2013).

Tutte le tipologie di conflitto sono, però, accomunate da un’incompatibilità percepita di azioni e obiettivi (ibidem).

Tra le principali ragioni per cui si genera un conflitto ritroviamo:

  • la scarsità di risorse materiali;
  • la percezione di una distribuzione delle ricompense non equa rispetto all’impegno profuso;
  • la convinzione che gli altri godano di una condizione migliore rispetto alla propria (ibidem).

Una strategia efficace per risolvere il conflitto è senza dubbio la negoziazione. Tuttavia non sempre la trattativa va a buon fine per cui talvolta si rende necessario l’intervento di un mediatore, un terzo che fa da tramite tra le due parti aiutandole a giungere ad un accordo (ibidem).

La mediazione è una delle strategie più comuni utilizzate nella risoluzione dei conflitti e negli ultimi vent’anni ha iniziato a diffondersi in tutti i livelli della società. Alcuni dei movimenti più diffusi della mediazione sono:

La mediazione lavorativa, che ha visto la nascita di numerose agenzie di mediazione negli ultimi anni che hanno affrontato migliaia di conflitti aziendali (Lewin, Feuille & Kochan, 1977);

La mediazione di comunità che consiste nell’intermediazione tra comunità e persone laddove nascono conflitti di natura discriminatoria (Salem, 1982);

La mediazione familiare si sofferma sulle dispute che possono nascere in una famiglia al momento del divorzio, rispetto alla custodia e alle visite genitoriali (Pruitt & Kressel, 1985);

La mediazione di risorse pubbliche è un valido strumento nelle discussioni che nascono in merito alla gestione di beni pubblici, come terre e denaro, da parte dello stato o gruppi locali. Questo tipo di mediazione è chiamata anche “mediazione ambientale” (Carpenter, 1982; Cormick & Patton, 1980);

La mediazione giudiziale, infine, è nata a seguito del sovraffollamento delle corti. La necessità di risolvere questo problema ha spinto a cercare a soluzioni alternative all’aula di tribunale ela mediazione è una di queste (Ray, 1982).

Il problema principale in un conflitto consiste nel percepire l’altro come un avversario in una prospettiva vincitore-vinto, quindi essere contenti quando l’altro è scontento (Thompson et al., 1995). L’obiettivo del mediatore consiste nel sostituire questa tendenza con un orientamento cooperativo di tipo vincitore-vincitore, spostando l’attenzione su obiettivi e interessi piuttosto che sulla prevaricazione di uno sull’altro facendo in modo che ogni parte si senta capita e comprenda l’altra (Myers & Twenge, 2013). I mediatori non fanno altro che facilitare l’assunzione dell’orientamento vincitore-vincitore (Vidmar, 1971). Dopo il suo intervento, le due parti ne risultano trasformate poiché ciò che avviene è un cambiamento di atteggiamenti dei confliggenti che da chiuso e ostile diventa aperto al dialogo e al confronto e questo grazie alla capacità del mediatore di costruire uno spazio per l’argomentazione basato sulla ragione (Greco Morasso, 2012).

Alcuni studi in laboratorio dimostrano quanto la mediazione sia efficace nel conflitto sociale. Podell e Knapp (1969) suggeriscono che l’avversario dia l’impressione di essere più forte quando concede qualcosa attraverso il mediatore piuttosto che facendolo in prima persona. Inoltre, i suggerimenti di un mediatore nel raggiungere un accordo consentono ai negoziatori di fare concessioni senza però sentirsi deboli rispetto alla controparte (Pruit & Johnson, 1970).

   Dott.ssa Chiara Giordano

Dottoressa in Psicologia Applicata, Tirocinante presso Consvip azienda di formazione e consulenza, Membro associativo dell'Associazione culturale Comunicare Liberi.

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